Thunnus thynnus story - Per conoscerlo e apprezzarlo meglio

di Pietro ScapinelliComunemente vengono chiamati Tonni i pesci appartenenti alla specie degli "attinotterigi" della famiglia dei Tunnidi. Il tonno comune Thunnus thynnus lungo fino ai 5 metri e quasi cosmopolita, nelle coste italiane si pesca prevalentemente nelle tonnare della Sicilia e della Sardegna. Proprio nei mari della Sardegna, e più precisamente presso le tonnare del sud-ovest (Carloforte e Portoscuso) attive da circa 500 anni, viene pescato il nostro tonno.
In particolare utilizziamo il cosiddetto "Tonno di Corsa", ricercato per le sue gustose carni, il quale viene trattato fresco in tonnara con metodi artigianali. A parte le intrinseche caratteristiche di questo pesce che è il primo e il più pregiato nella famiglia dei tunnidi (vi sono al di sotto tutte le specie sempre di minor pregio che vengono normalmente utilizzate dalla grande industria conserviera), è la peculiarità dei processi di lavorazione, messi a punto dalla famiglia Pastorino sul finire del secolo XIX a rendere unico il prodotto. Il processo da un canto si affida alle capacità di taglio manuali dei tonnarotti, depositari di un arte che si tramanda di generazione in generazione, i quali riescono ad occhio a conseguire una separazione degli stalli finalizzata a ricavare la pregiatissima parte del "tarantello", che possiede sia i pregi della ventresca (stalli addominali) più tenera e morbida, sia del "maccarrone" o "bodano", che è la parte carnea magra ricca di sanguema anche di gusto. Le fasi prevedono alternanze di trattamenti ad alta temperatura e di riposi per consentire le maturazioni fino all'impaccamento terminale ultimo nel contenitore metallico destinato al mercato.
Pertanto l'elevata qualità del tonno sardo, i metodi artigianali completamente manuali, determinano una raffinata specialità "sott'olio", un prodotto decisamente superiore e diverso dal tonno "in olio" o "all'olio", soprattutto perché risulta differente la coniugazione dell'olio di oliva con le parti lipidiche del tonno.

UN POPOLO DI NOMADI

I pregiatissimi tonni rossi sono pesci che vivono migrando a varie profondità e che si aggregano particolarmente nel periodo della riproduzione per raggiungere i luoghi adatti, come il canale di Sicilia, dove le acque hanno la giusta temperatura. Provengono dall’Atlantico, costeggiano il continente europeo e scendono veloci, passando dalla Sardegna dove li attendono le tonnare di Carloforte, pronte a catturare, verso maggio, i tonni “di corsa”, con le femmine piene di uova da cui si ricaverà la preziosa bottarga e i maschi, con il loro liquido seminale che nei ristoranti offrono col nome di lattume. Arrivati sul posto giusto iniziano un vorticoso carosello circolare e, uno alla volta, maschi e femmine, depositano al centro del vortice i loro gameti che si incontrano e si fondono. Il viaggio di oltre 7000 chilometri quasi senza mangiare e il girotondo finale li sfianca e al ritorno, sfiniti, vagano spesso solitari o comunque in modo meno gregario. Le uova abbandonate a se stesse si schiudono in fretta e in pochi mesi diventano pesci di circa 40/45 centimetri. Restano in zona per alcuni anni e, se non sono stati catturati dalle reti a circuizione per essere portati negli “allevamenti”, si dirigono in Atlantico per tornare in età riproduttiva.

LA CATTURA E IL MERCATO

Il sistema più antico per la cattura dei tonni è sicuramente la tonnara che oggi, tra le tecniche di pesca, ha una quota bassissima, pari a circa il 5/6%, con tendenze al ribasso. Poco più della pesca sportiva. Le grandi reti da circuizione la fanno da padrone, anche perché consentono di pescare nell’arco dell’intero anno, e anche di catturare pesci vivi che poi vengono portati, o meglio trascinati, in grandi vasche poste in mare, in particolari posizioni, e qui ingrassati e portati alle migliori condizioni per la vendita al mercato giapponese. Il mercato italiano preferisce invece i pesci magri. Per fortuna, altrimenti non potremmo trattenere per noi neppure un esemplare, visti i prezzi che i giapponesi, grandi consumatori ed estimatori del tonno rosso mediterraneo, sono disposti a pagare. Questa tecnica di ingrasso non può essere considerata di allevamento, mancando tutta la fase riproduttiva. Incontra inoltre ancora moltissime difficoltà e la mortalità è molto alta.

COME IL MAIALE

Del tonno si utilizza tutto. La sacca ovarica viene salata, a volte trattata con iniezioni di salamoia, pressata, massaggiata e disidratata per un po’ al sole e al vento e, dopo una stagionatura all’ombra in locali ben areati, diventa bottarga. A Carloforte affermano che la loro è la migliore perché i tonni vengono catturati nel momento migliore, mentre nuotano “di corsa” verso il sud e le uova sono al giusto punto di maturazione. Il seme maschile viene leggermente bollito e conservato sott’olio. Le interiora diventano trippa. Lo stomaco viene salato e consumato nelle zuppe. Il filetto essiccato diventa musciame, e si affetta come un prosciutto. Il cuore essiccato, dal gusto forte, è una prelibatezza per intenditori. Poi ci sono la ventresca, ricca di grasso e squisita consumata cruda o al forno; il tarantello, ovvero la carne tra filetto e ventresca, meno grassa e per noi più gradevole; la buzzonaglia o busonaglia, un muscolo particolare, molto scuro e sanguigno e per questo meno pregiato; inoltre, la carne ricavata spolpando la colonna vertebrale, la coda e la testa viene speziata e trasformata in salame. E ci sono naturalmente tutte le altre parti carnose, in particolare il maccarone, ovvero la parte vicina alla pinna dorsale, il bodano e lo sdosso di petto cioè le carni che circondano la buzzonaglia, che sono adatte per infiniti piatti che prevedono una scottata superficiale e una cottura brevissima che lascia alla carne il colore della carne cruda.

SOTT’OLIO

Il tonno sott’olio non è quasi mai preparato con il tonno rosso pescato – per distinguerlo da quello allevato - che ha mercati più redditizi. Di solito è pinna gialla o alalunga, ma spesso è preparato con qualche miscuglio di carni simili, non sempre ben conservate, comunque per la maggior parte decongelate, pressate in “pastiglie” e confezionate in modo da simulare il filetto. Il tonno rosso pescato e conservato sott’olio risulta difficilmente reperibile. C’è quello di filetto, quello di tarantello e quello più grasso e saporito di ventresca. Ha prezzi alti ma li merita e, al gusto, non è paragonabile ai prodotti più commerciali.

LA QUALITA’ E LA SICUREZZA

Grasso o magro che si voglia, il tonno fresco è buono se è stato pescato correttamente, trattato adeguatamente e ben conservato. Una pesca corretta dovrebbe essere quella che causa al pesce uno stress il più breve e limitato possibile. I giapponesi sanno distinguere senza ombra di dubbio se un tonno ha sofferto troppo e troppo a lungo durante la cattura, perché sanno guardare in certe sue parti che per lo stress si alterano irreversibilmente. Noi italiani non siamo ancora così raffinati e così i tonni migliori se ne vanno all’estero e a noi restano gli altri. Un corretto trattamento consiste invece nel dissanguamento immediato, subito dopo la cattura. Se resta troppo sangue, nel tonno in modo particolare, c’è il rischio che si formi istamina, sostanza che può provocare gravi intossicazioni e che non è neutralizzabile con la cottura. Cattiva conservazione significa invece non intervenire in fretta con le basse temperature, lasciando tempo ai grassi di alterarsi modificando in modo negativo il gusto del pesce, e permettendo al sangue residuo di produrre istamine. E’ quindi buona norma eliminare in ogni caso le parti troppo scure e sanguigne e soprattutto accertarsi che la conservazione, anche in pescheria, sia stata fatta da gente scrupolosa. Le leggi per il controllo sono abbastanza approssimative ma severe e sufficienti per causare spesso il blocco di intere partite di tonno sospetto.

IL FILETTO ROSA

Il mercato ci propone degli ottimi filetti di tonno confezionati sottovuoto, che si caratterizzano per il loro invitante, se pure innaturale, colore rosa carico. Non si tratta quasi mai del pregiato tonno rosso, ma più spesso del tonno pinna gialla, proveniente da mari piuttosto lontani. Il colore è provocato dall’uso di monossido di carbonio, iniettato nella carne con funzioni di conservante. E’ una pratica ancora poco indagata che potrebbe suscitare perplessità poiché si tende ad associare al monossido di carbonio i deleteri effetti che provoca se inalato. E’ altamente improbabile che l’uso di monossido di carbonio ingerito comporti rischi per la salute del consumatore. L’unico vero problema è che la modifica del colore cancella anche i segni di un eventuale eccessivo invecchiamento del prodotto prima del trattamento col CO. Per questa ragione spesso il tonno così conservato viene bloccato per le verifiche in dogana e per qualche giorno risulta introvabile sul mercato. E’ il momento giusto per richiedere un bel pezzo di tonno rosso, o, meglio, di thunnus thynnus mediterraneo fresco. I grossisti sono tenuti a dare questa precisa indicazione sulla bolla di consegna e se l’incaricato al banco non è preparato ad una simile insolita ma precisa richiesta dovrà solo prendersi la briga di leggersela.